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KENYA: il risveglio della savana.

11/4/2020

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C’è un angolo di mondo, la savana, che tutti noi dovremmo vedere almeno una volta nella vita. Una sola volta, per respirarne i colori e l’aria, per farsi sorprendere dall’incredibile bellezza della Natura e ritrovarsi piccoli davanti al disegno divino ben più grande di noi.
 
Ogni giorno in Africa la savana si sveglia e il suo primo respiro sa di paradiso non ancora perduto.
 
E’ ancora buio quando lasciamo il letto avvolto nella zanzariera; le cerniere delle tende che corrono veloci sui binari sono gli unici rumori che riempiono l’aria; c’è una strana pace tutto intorno e le voci degli animali che hanno accompagnato la nostra notte sono mute.
 
L’aria è immobile, fresca, piena di odori sconosciuti; gli alberi sono fissi su se stessi, il laghetto, che la durante la notte è stato teatro di passaggi di elefanti, tace. Nessun rumore ci accoglie; la savana sembra attendere pazientemente la luce del nuovo giorno e la strada polverosa racconta, con le sue tracce appena segnate, un piccolo mondo primitivo passato di qui, poco distante dai nostri letti.
 
Le fiaccole sempre più deboli segnano il passo verso il pulmino “decappottato” che ci sta aspettando appena fuori dal campo; la voce incessante delle guide alla radio trasmittente accompagna il nostro risveglio mentre l’orizzonte si riempie di luce e lentamente la savana scopre il volto migliore, quello di un giorno che sta per nascere. La strada, color della cannella, piega e si contorce, sfiora cespugli e alberi d’alto fusto dal verde intenso; gli arbusti, plasmati dagli elefanti che contro le cortecce trovano sollievo alla loro pelle spessa e ruvida, hanno le tonalità dell’acciaio e dell’argento e sembrano giocare col cielo, disegnando parabole così fantasiose immaginabili solo da Madre Natura.
 
Fermiamo il motore; il silenzio è ora intervallato dal canto di uccelli non troppo lontani, sibili, fischi, respiri appena percettibili che si insinuano tra le ultime ombre della notte. E’ giorno.
 
La luce apre il sipario di un Eden che pare incontaminato; l’aria è così pura che sembra di poterla bere e gli occhi, non ancora abituati alla luce, si riempiono di meraviglia. L’alba della savana è un risveglio dei 5 sensi insieme: è dolce, quieta, armoniosa, la senti vibrare, ti contagia, ti confonde con il tutto. E quando i primi raggi di sole scaldano il viso e illuminano la via di un arancione così bello che l’uomo non è mai riuscito ad eguagliare, ecco che proprio da quella terra, quasi per magia, spuntano i piccoli leoncini.
 
Erano già lì, a pochi passi dal nostro pulmino ma invisibili con la morbida pelliccia biancastra, nocciola e oro identica a della savana che è la loro casa. Giocano, si azzuffano, rotolano, zampettano, digrignano i denti, saltano, si nascondono; si fermano e ti guardano per un istante. E poi iniziano di nuovo con la loro giostra di giochi; poco distante, ecco la leonessa che con piglio regale osserva distratta il perenne movimento dei suoi cuccioli. Si alza, s’inarca, allunga il suo corpo snello e dorato, dà un accenno col muso robusto e con incredibile eleganza, muove verso il lato opposto della strada. I cuccioli interrompono il loro gioco, le si parano davanti, si aggrappano, tirano la coda, rotolano tra le sue zampe alzando minuscole nuvole di polvere.
 
Nella savana, un nuovo giorno ha avuto inizio.
 
Vorremmo restare qui ma c’è una strada color del fuoco che ci sta aspettando; le giraffe con le loro geometrie perfette incroceranno il nostro cammino, l’erba alta nasconderà le criniere dei leoni e gli alberi carichi di avvoltoi staranno a guardare; gli elefanti scuoteranno le loro orecchie pesanti, le distese aride lasceranno il posto a fiumi immobili, una pioggerella benefica colerà sui vetri e sulle leggende che ascolteremo sui Masai. E poi arriverà la notte, col suo cielo stellato, il più bello del mondo.
 
Il cammino prosegue; arrivederci al prossimo post dunque.
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Salvador de Bahia: il Brasile magico.

8/4/2020

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Entrare nel Pelourinho per una come me che ha letto e amato intensamente ogni libro scritto da Jorge Amado, è un’esperienza mistica, intensa, emozionante. Vieni a Bahia, - diceva lo scrittore – Bahia ti aspetta!, con le sua atmosfera che è festa e funerale insieme, con le musiche dei cantori che improvvisano serenate sull’orlo della notte, quando il sole si fa meno opprimente e un’aria più libera e respirabile riempie i vicoli del cuore della città.
 
Gli “atabaques” salutano Exù, divinità del Candomblè, i pescherecci solcano il mare della Baia di Tutti i Santi, la brezza accarezza le palme di cocco sulle spiagge infinite e le gonne colorate delle belle bahiane ondeggiano; un popolo meticcio, cordiale, civilizzato, povero e sensibile vive della sua musica e dei suoi misticismi, aggrappato a sé stesso, alle tradizioni e alle contraddizioni che hanno il sapore dell’Africa.
 
Fu Amerigo Vespucci il primo europeo ad attraccare nella Baia di Salvador alla fine del 1400; oggi la città conta 2 milioni di abitanti ed è la vetrina di un Brasile sorridente e in movimento, percorso nella danza e nei gesti da una ipnotica elettricità che contagia e affascina; certe magie succedono solo qui. Gli Orixàs, sono spiriti della natura assimilati alle figure della tradizione cristiana: aleggiano per le strade, sono venerati come Santi, a loro si dedicano feste, notti di musica e poesie struggenti; coroncine di fiori profumati lasciano le mani mulatte e prendono il largo; il mare le culla, accompagnate da sguardi compassionevoli e parole sussurrate piene di speranze.
 
Ogni bambino di Salvador dedica la vita al suo Orixà; sono le conchiglie, gettate a terra dalle mani nodose di vecchie sagge, a dire qual è lo spirito che proteggerà il piccolo bahiano; all’Orixà non si sfugge, è un’ombra che accompagna e protegge, è l’anima che si impossessa del corpo; gli Orixà ascoltano, danno consigli, concedono la grazia, consolano e illuminano. Per gli Orixà si organizzano cerimonie, s’innalzano al cielo suppliche e preghiere; nel giorno della settimana a loro dedicato, viene scelto il vestito del colore a loro gradito.
 
L’aldilà nel Candomblè non è lontano, è tangibile, è segno, è casa e vita quotidiana. Il popolo di Bahia adora il dio africano Oxalà e Senhor de Bomfim, ossia il Cristo cattolico, o Iemanjà delle acque, che è Nossa Senhora, ossia la Madonna; Exù protegge il dialogo con l’Aldilà e a lui sono dedicate intere cerimonie introduttive, affinché entri in contatto, aiuti e non interferisca nel dialogo con gli spiriti.
 
I Santuari del Candomblè sono i cosiddetti Terreiros, ossia luoghi di culto dove i fedeli si riuniscono per cerimonie officiate dalla sacerdotessa dell’Ilè Axè. Per raggiungere il più famoso Terreiros di Bahia partite dalla città bassa, il quartiere commerciale dove gli edifici moderni si affiancano a modeste case coloniali; in questo Barrio, nel punto in cui la città guarda alla Baia di Tutti i Santi e il Forte di Sao Marcelo sembra proteggere ancora la città, troverete il mercato artigianale Modelo, il più famoso di Salvador, costruito sulle rovine dell’antica dogana.
 
L’elevador Lacerda sale per 85 metri e vi getta in una giostra di mendicanti, vendedor de rua, maghi e donne corpulente che con ampi sorrisi vi invitano nelle loro botteghe o in un angolo per una foto ricordo; sulla destra ecco il Palacio Rio Branco, antica abitazione del governatore oggi sede di mostre; si supera il Palacio Municipal e si approda all’Igreja da Santa Casa da Misericordia con la sua bella facciata barocca. Dal Palacio Arquiepiscopal si apre la grande Praça da Sé; il Pelourinho è a due passi ed è imperdibile. Vi si accede dalla Praça 15 de Novembro, detta anche Terreiro do Jesus dove l’imponente cattedrale Da Sé si affaccia sulle bancarelle artigianali, con tutta la sua ricchezza di ori, altari e opere d’arte; da qui si scende per la pittoresca Rua Alfredo de Brito, il vero cuore di Bahia. Rasta, bottegai, artisti, capoeiristi, studiosi, turisti e donne con i tradizionali costumi bianchi usati dalle Maes de Santos (le sacerdotesse del Candomblè) calpestano incessantemente i suoi ciottoli sconnessi, proponendo mercanzie e frutta fresca. L’hotel Pelourinho, col suo bel terrazzo e vista sulla baia si trova qui, così come il museo Jorge Amado dove sono custodite le foto del grande scrittore in compagnia di personaggi famosi e le prime edizioni dei suoi libri. Nel Pelourinho si deambula senza sosta, rasentando muri di case dai colori delle caramelle: curiosate  nei freschi patii tappezzati di azulejos, fermatevi per un bibita fresca in uno dei tanti cortili, fatevi trascinare dal ritmo dei berimbau o dai movimenti della capoeira improvvisata nelle piazze. E se un piccolo Bahiano vi chiede di porgergli il braccio non abbiate paura: ve lo cingerà di un nastro di stoffa colorato della Senora de Bomfim.
Vi porterà fortuna e vi farà ritornare a Salvador, per scoprirla di nuovo.
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Stoccolma, splendida Stella del Nord

7/12/2019

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Adagiata su 14 isole in quel punto del Nord dove il Baltico è freddo, terso e pulito, Stoccolma brilla come una stella luminosa, felice combinazione di verde delle foreste secolari, di acqua così pulita da poterci fare il bagno, di luce pura e azzurra del ghiaccio che inonda gli antichi palazzi ambrati.
 
A Stoccolma convivono pacificamente creatività, originalità, tradizione e modernità: qui si transita da turisti o si ritorna da innamorati, condannati dall’amore per gli oggetti dal design pulito e unico, per il sapore dei deliziosi crostacei, per il profumo dei dolci alla cannella, per lo shopping sfrenato nei negozi all’ultima moda, per l’aria piena di quell’odore inconfondibile di mare che taglia il volto durante la gita in barca nell’arcipelago che pare sospeso in un alone di fiaba.
 
Celebre in tutto il mondo per il design, Stoccolma ha anche un’anima molto genuina e tradizionale, fatta di persone vestite all’ultimo grido che brindano in locali minimal chic intonando vecchie canzoni svedesi o di capanne di pescatori in legno colorato che spuntano davanti ai profili di edifici dall’architettura avveniristica. Stoccolma è dunque moda ma non solo: i ristoranti, spesso gestiti da chef di fama internazionale, sono straordinari rifugi che proteggono dalle ombre della sera e dal freddo dell’inverno che qui arriva sempre troppo presto; nei mercatini si trovano oggetti vintage, vecchi dischi in vinile, vetro e ceramiche, ma anche arringhe fritte, frutta e verdura fresche; le gallerie d’arte e i musei sono veri e propri spazi di incontro, con caffè, ristoranti, terrazze, laboratori d’arte e sale di lettura; le bambole di feltro, gli stampi per i dolci a forma di alce, gli elfi (i cosiddetti “tomtar”), i libri, le stoffe e le vecchie tappezzerie riempiono le botteghe artigiane del centro storico.

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Raffaella Giordano
Grazie alla guida Lonely Planet, fedele compagna di viaggio e faro nella notte al ritorno quando i ricordi sbiadiscono e i nomi diventano particolarmente astrusi e impronunciabili (www.lonelyplanetitalia.it). 
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Volveremos. Sì, torneremo (speciale Formentera)

12/8/2015

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Arrivo a Es Pujols alla fine di maggio e ci sistemiamo in una pensione raccolta e dal tono famigliare a pochi passi dal centro, dalla spiaggia e dal lungomare che di sera si colora di bancarelle hippies; è semplice e dignitosa, fresca e pulita.

Ci armiamo di un telo mare e affittiamo con meno di 30 euro la settimana uno scooter; vogliamo davvero capire se Formentera è piccola come sembra: non ci delude, è un fazzoletto di terra agguantabile con pochissima strada, una sola tra l’altro, che l’attraversa in largo e nel suo srotolarsi da ovest ad est dà vita a piccoli rivoli di terra sterrata in cui ci perderemo alla ricerca delle calette più suggestive. La natura mi accoglie con profumi forti e inebrianti e la terra, che tra qualche mese rimpiangerà la pioggia, sembra ora esplodere verso il cielo terso d’azzurro, coi suoi cespugli rigogliosi e le fronde che fanno da ombrello al nostro passaggio.  

Corriamo lungo le saline in direzione del Porto finché non incrociamo una strada larga e sterrata che porta alla famosa Platja Illetes, che sotto il sole è favolosa: la sabbia è morbida farina e i pochi ombrellini sono intervalli colorati in un tappeto di bianco abbagliante. L’arenile sfuma nell’acqua cristallina e più in là, il cielo perde il suo confine per diventare un tutt’uno col mare. Un vecchio intinge con decisione il pennello nei colori asciutti di una vecchia tavolozza e cerca di fermare un sogno sulla tela accarezzata dal vento. Le morbide dune nascondono la staccionata arsa dal sole e modellata dal tempo, frammenti di conchiglie scricchiolano sotto i piedi e minuscoli pezzi di corallo rosa scivolano verso il mare. C’è pace, il sole è caldo, la brezza è leggera; la giornata scivola via velocemente, i gabbiani urlano all’orizzonte e sembrano annunciare il calar del sole.

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SOUVENIRS

23/7/2015

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L’esperienza del viaggio acquista un significato magico durante il transito e nel suo prolungamento, il ritorno, quando i filmati, le fotografie e i souvenirs diventano un pretesto per raccontare se stessi e l’esperienza vissuta Altrove. 
Il souvenir, spesso grottesca paccottiglia, è un vero e proprio messaggero, un oggetto con origini antiche e motivazioni psicologiche profonde che ne guidano l’acquisto. È un oggetto di transito, che permette il passaggio dall’esperienza vissuta alla realtà del ritorno, resa meno traumatica dalla presenza di un oggetto che, concentrando i significati, ha la straordinaria capacità di risvegliare il ricordo di emozioni già lontane. 
L’andare non basta dunque; il rimpatrio deve essere accompagnato da un oggetto o addirittura una prova sulla pelle dell’avventura: il volto abbronzato diventa un trofeo da esibire, così come lo erano le decalcomanie devozionali con cui venivano marchiati i pellegrini a Loreto. 


Il souvenir è un premio, ossia un testimone di vittoria.

Etimologicamente “souvenir”, di accezione francese, deriva dal latino subvenire, che in forma transitiva significa “accorrere in aiuto”; lo stesso verbo, ma in forma intransitiva, significa invece “tornare alla mente”, “venire alla memoria”, “ricordarsi”.

Il turista acquista per poter vivere l’esperienza del consumo, per possedere una parte “in condensato” di ciò che si è vissuto durante la vacanza, per rinnovare le sensazioni e i ricordi anche dopo il rientro. Sono tappe di un percorso: le video riprese così come le fotografie, portano con sé il valore dimostrativo di essere stati in un luogo e di averne goduto; le fotografie dimostrano indiscutibilmente che il viaggio è stato fatto, che il programma è stato attuato, che il divertimento è stato raggiunto.

Ma sarebbe sbagliato pensare che il souvenir abbia una valenza solo per chi lo acquista; se ciò fosse vero, non si spiegherebbe l’esistenza di migliaia di gift shops, ossia “negozi di regali”. Il souvenir è anche un dono. Marcel Mauss, nel suo celebre saggio scritto nel 1923, sostiene che nell’oggetto donato rimane sempre qualcosa del donatore, un potere magico che i Maori chiamano “hau”, uno spirito che aleggia e impregna l’oggetto regalato e che farebbe scaturire nel ricevente l’obbligo di contraccambiare.

Il souvenir è un presente che giustifica l’assente. 

La sua funzione è quella di “sovvenire”, quindi non ci si aspetti che abbia anche una valenza pratica, come ci dimostra la scrittrice umorista americana Erma Bombeck, la quale rivendica il diritto e il piacere di comprare assurda paccottiglia: “Per me comprare souvenirs è una delle grandi gioie del viaggio. Ho acquistato portachiavi di peli di cinghiale, orrende magliette con la scritta “Sono andato in Nuova Guinea e nessuno mi ha mangiato”, fermacarte di vetro con dentro il mostro di Loch Ness e una banda musicale di rane di cera messicana dalla sguardo atterrito. Senza contare le candele a forma di eschimese con lo stoppino sulla testa e le federe con i volti dei fratelli Kennedy fosforescenti. Quando, aprendo un cassetto, mi capita sotto gli occhi un apribottiglie con una minuscola foto del Vesuvio sull’impugnatura, subito vengo assalita dai ricordi e mi rendo conto che quello è stato denaro speso bene”. 
Estratto della mia tesi di laurea "Considerazioni sulla psicologia del consumo turistico".
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    Raffaella Giordano
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    Travel planner, direttore tecnico del Tour Operator & agenzia di viaggi Insite Tours, psicologa, guida turistica, curiosa viaggiatrice, travel storyteller.

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ATL Langhe e Roero
Comuni della Granda, Provincia di Cuneo
Immagini di: Alessandro Giamello, Palo Masteghin, D. Dutto, E. Cicchetti, J. Cubertini, M.Hofmeyer, S. Spadoni,  Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba (www.fieradeltartufo.org), Marco Dalmasso, Kalatà, northiceland.is, Comunità Montana Valle Stura.
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