Arrivo a Es Pujols alla fine di maggio e ci sistemiamo in una pensione raccolta e dal tono famigliare a pochi passi dal centro, dalla spiaggia e dal lungomare che di sera si colora di bancarelle hippies; è semplice e dignitosa, fresca e pulita.
Ci armiamo di un telo mare e affittiamo con meno di 30 euro la settimana uno scooter; vogliamo davvero capire se Formentera è piccola come sembra: non ci delude, è un fazzoletto di terra agguantabile con pochissima strada, una sola tra l’altro, che l’attraversa in largo e nel suo srotolarsi da ovest ad est dà vita a piccoli rivoli di terra sterrata in cui ci perderemo alla ricerca delle calette più suggestive. La natura mi accoglie con profumi forti e inebrianti e la terra, che tra qualche mese rimpiangerà la pioggia, sembra ora esplodere verso il cielo terso d’azzurro, coi suoi cespugli rigogliosi e le fronde che fanno da ombrello al nostro passaggio.
Corriamo lungo le saline in direzione del Porto finché non incrociamo una strada larga e sterrata che porta alla famosa Platja Illetes, che sotto il sole è favolosa: la sabbia è morbida farina e i pochi ombrellini sono intervalli colorati in un tappeto di bianco abbagliante. L’arenile sfuma nell’acqua cristallina e più in là, il cielo perde il suo confine per diventare un tutt’uno col mare. Un vecchio intinge con decisione il pennello nei colori asciutti di una vecchia tavolozza e cerca di fermare un sogno sulla tela accarezzata dal vento. Le morbide dune nascondono la staccionata arsa dal sole e modellata dal tempo, frammenti di conchiglie scricchiolano sotto i piedi e minuscoli pezzi di corallo rosa scivolano verso il mare. C’è pace, il sole è caldo, la brezza è leggera; la giornata scivola via velocemente, i gabbiani urlano all’orizzonte e sembrano annunciare il calar del sole.
Ci armiamo di un telo mare e affittiamo con meno di 30 euro la settimana uno scooter; vogliamo davvero capire se Formentera è piccola come sembra: non ci delude, è un fazzoletto di terra agguantabile con pochissima strada, una sola tra l’altro, che l’attraversa in largo e nel suo srotolarsi da ovest ad est dà vita a piccoli rivoli di terra sterrata in cui ci perderemo alla ricerca delle calette più suggestive. La natura mi accoglie con profumi forti e inebrianti e la terra, che tra qualche mese rimpiangerà la pioggia, sembra ora esplodere verso il cielo terso d’azzurro, coi suoi cespugli rigogliosi e le fronde che fanno da ombrello al nostro passaggio.
Corriamo lungo le saline in direzione del Porto finché non incrociamo una strada larga e sterrata che porta alla famosa Platja Illetes, che sotto il sole è favolosa: la sabbia è morbida farina e i pochi ombrellini sono intervalli colorati in un tappeto di bianco abbagliante. L’arenile sfuma nell’acqua cristallina e più in là, il cielo perde il suo confine per diventare un tutt’uno col mare. Un vecchio intinge con decisione il pennello nei colori asciutti di una vecchia tavolozza e cerca di fermare un sogno sulla tela accarezzata dal vento. Le morbide dune nascondono la staccionata arsa dal sole e modellata dal tempo, frammenti di conchiglie scricchiolano sotto i piedi e minuscoli pezzi di corallo rosa scivolano verso il mare. C’è pace, il sole è caldo, la brezza è leggera; la giornata scivola via velocemente, i gabbiani urlano all’orizzonte e sembrano annunciare il calar del sole.
A Formentera non c’è tramonto che non si aspetti. Ci rimettiamo dunque in strada e facciamo tappa al Big Sur, irrinunciabile tempio dove si consuma il rito dell’aperitivo; ordiniamo del “vino blanco” e delle tapas e muoviamo verso la spiaggia, che a quest’ora si trasforma in un teatro di spettatori che a piccoli gruppetti bisbigliano, guardano l’orizzonte in religioso silenzio, esplodono in fragorose risate. Intanto la palla di luce è al limite, infiamma l’orizzonte e sparisce tra gli applausi di chi ha partecipato commosso alla fine della sua parabola.
La mattina è bello svegliarsi presto, recuperare il motorino nel fresco della pineta e raggiungere Platja Sa Roqueta, con le sue acque calme e strette tra le rocce. Qualcuno ha messo insieme robusti rami argentati con pietre e conchiglie giganti; magici fili trasparenti o corde di scarto li tengono appesi in un equilibrio precario e nell’aria diventano danzatori senz’anima mossi da deboli aliti di vento. Platja Saona la ricordo per il rosso delle pietre che la costringe a donarsi al mare; le timide onde cullano piccole barche di pescatori, prima di trovare riposo nelle baracche di canna e di legno sospese tra le rocce. Platja de Migjorn invece l’ho scoperta in un giorno di vento fortissimo, investita dalle lunghe braccia di schiuma di un mare particolarmente irrequieto; è lunga e sabbiosa, il posto ideale per una passeggiata o per trovare il proprio rifugio protetti dalle piccole dune selvagge. Immancabili poi i fari; quello di Cap de Barbaria è sferzato dai venti e si impenna all’orizzonte di una distesa profumata di macchia mediterranea; sul versante opposto, a La Mola, si può sorseggiare una birra ghiacciata incantati dalla parete di roccia che si butta nel mare blu o accompagnati dal volo dei gabbiani argentati che qui hanno scelto la loro casa. |
Sulla strada del ritorno facciamo tappa al mercatino di La Mola dove decine di artigiani dall’aspetto vagamente hippy espongono i loro manufatti in legno, corda, cotone e pietra. I negozietti sono case con fiori e vasi di terracotta all’ingresso, finestre blu e muri calcinati di bianco con sirene, cavallucci, stelle marine e pesci palla che si rincorrono nel sole del pomeriggio. Varchi la soglia di questi piccoli laboratori e il fresco delle mura spesse ti avvolge; piccoli gioielli nascono da mani ruvide mosse da un vento creativo che sembra spirare continuamente su quest’isola fortunata.
Qui i manufatti hanno tonalità delicate e sfumature autentiche e brillano di una luce che purtroppo perderanno nel portagioie di casa. Vedere questi mercatini scatena la creatività latente che si annida dentro di noi; a Sant Ferran facciamo tappa in una piccola bottega dalla porte a mosaico, fatte di mille specchi che riflettono luce e colore. Troviamo due ragazze italiane che passano il loro inverno a Barcellona e le loro estati a Formentera a tatuare la pelle dorata dei turisti; buona parte del loro laboratorio è occupato da scatole con migliaia di perline, pietre, cerchi, tubicini, conchiglie, anelli, palline, fiori, conchiglie e scaglie di argento che inanellano su fili spessi e colorati secondo un ordine che scegliamo liberamente; ognuno di noi uscirà col suo monile originale, che sotto il sole diventerà melodia di luce.
Gli abiti di cotone e di lino leggeri “made in Formentera” si trovano a Saint Francesc, dove sopravvivono botteghe artigiane e minuscole boutiques con pezzi unici. Formentera ha uno spirito libero, trasforma e contagia; i vestiti sono diventati più impalpabili, i piedi sono scalzi, le braccia ambrate hanno annodati laccetti, cordini e piccole conchiglie; le passeggiate sulla spiaggia si dilatano, i tramonti vibrano più forti, nei tratti isolati slacciamo il casco e lasciamo che il vento accarezzi i nostri profili.
E quando il rientro a casa diverrà inevitabile … faremo nostra la frase che qualcuno ha scritto con lo spray rosso su un muro del porto, e che racchiude il seme della promessa: “VOLVEREMOS”. Torneremo. Sì, torneremo.
Qui i manufatti hanno tonalità delicate e sfumature autentiche e brillano di una luce che purtroppo perderanno nel portagioie di casa. Vedere questi mercatini scatena la creatività latente che si annida dentro di noi; a Sant Ferran facciamo tappa in una piccola bottega dalla porte a mosaico, fatte di mille specchi che riflettono luce e colore. Troviamo due ragazze italiane che passano il loro inverno a Barcellona e le loro estati a Formentera a tatuare la pelle dorata dei turisti; buona parte del loro laboratorio è occupato da scatole con migliaia di perline, pietre, cerchi, tubicini, conchiglie, anelli, palline, fiori, conchiglie e scaglie di argento che inanellano su fili spessi e colorati secondo un ordine che scegliamo liberamente; ognuno di noi uscirà col suo monile originale, che sotto il sole diventerà melodia di luce.
Gli abiti di cotone e di lino leggeri “made in Formentera” si trovano a Saint Francesc, dove sopravvivono botteghe artigiane e minuscole boutiques con pezzi unici. Formentera ha uno spirito libero, trasforma e contagia; i vestiti sono diventati più impalpabili, i piedi sono scalzi, le braccia ambrate hanno annodati laccetti, cordini e piccole conchiglie; le passeggiate sulla spiaggia si dilatano, i tramonti vibrano più forti, nei tratti isolati slacciamo il casco e lasciamo che il vento accarezzi i nostri profili.
E quando il rientro a casa diverrà inevitabile … faremo nostra la frase che qualcuno ha scritto con lo spray rosso su un muro del porto, e che racchiude il seme della promessa: “VOLVEREMOS”. Torneremo. Sì, torneremo.